Escursione ad anello, in area collinare un tempo destinata alla coltivazione di alberi da frutto, uliveti e cereali. A testimonianza di questo, sono ancora oggi ben visibili i muretti a secco, opere centenarie utili a terrazzare i fianchi delle colline per rendere la messa a frutto dei terreni, più agevole.
Si affronterà una salita di bassa difficoltà fino a raggiungere il crinale di “Cazzina”. Da questo punto panoramico, sarà possibile scorgere in lontananza, “Pietra Cappa”, il “Monte Tre Pizzi”, simboli del Parco Nazionale dell’Aspromonte e la Riviera dei Gelsomini; dall’altro lato si scorgono la Rupe di Gerace, Ropulà e la cosiddetta “Petra Da Morti” toponimo verosimilmente derivato dalla leggenda che narra che li vi sia morto un pastore nel tentativo di salvare una sua pecora.
Questo punto panoramico è l’ideale per scattare fotografie panoramiche. Da qui il cammino si fa pianeggiante e si procede in direzione ovest, verso il “Dente da Magara”; una formazione rocciosa, situata in contrada Falcò. Questo luogo cosi impervio e sinistro, si narra fosse la meta preferita di una “magara” (maga), che qui si recava a filare e tessere in solitudine. Un giorno un contadino, passato di là le recò offesa e lei, per tutta risposta, esclamò che per pura fortuna in quel momento teneva stretto in mano un rosario, altrimenti gli avrebbe lanciato una “magarìa” (maledizione). Da allora nessuno osò più passare da lì. Ma rimase incagliato li, il suo “Dente Avvelenato”, in memoria del misfatto.
Da qui percorso incomincia a scendere, tra la vegetazione, tipica della macchia mediterranea, percorrendo un piccolo sentiero utilizzato dai contadini, per raggiungere i diversi appezzamenti di terra disposti a terrazza lungo il costone. Si scenderà fino alla fiumara in località “Dilica” dove sono ancora visibili e ben conservati i “Parmenti”. Il “Parmentu” (Palmento) dal latino “pavimentum”, era costituito da vasche scavate nell’arenaria, una superiore e una inferiore rese comunicanti tra loro attraverso un foro. L’uva era versata nella vasca superiore, il cui foro veniva otturato con dell’argilla, veniva pigiata con i piedi e lasciata riposare lì per un giorno ed una notte. Di seguito, tolto il tappo d’argilla il mosto era lasciato defluire nella vasca inferiore. Probabilmente sono di origine greca. Il percorso volge al termine, costeggiando la fiumara di Gerace, fino a raggiungere il punto di partenza.
Durata: 3 ore circa, possibile sosta per il pranzo a sacco in quota
Lunghezza: 7 km
Difficoltà: medio/bassa
Abbigliamento: si consiglia abbigliamento comodo e a strati, scarpe da trekking
Attrezzatura: acqua, giacca a vento e macchina fotografica.